Mario Scairato: uno dei più grandi designer

Mario Scairato, uno dei più grandi designer di sempre, racconta, nell’intervista che segue com’è nata la sua più grande passione e come questa sia diventata la sua vita.

Mario, da Paestum sei arrivato a Milano, la città del design. Hai avuto delle difficoltà ad entrare in un mondo difficile e competitivo come quello del design?

Direi di no.  La prima esperienza è stata da Odoardo Fioravanti per uno stage di 3 mesi e in questo periodo ho capito la differenza tra la scuola e il mondo del lavoro; la passione, la velocità, la tensione, sottese ad ogni progetto. Appena finita l’università sono entrato nello studio di Giulio Iacchetti dove ho imparato tutto, lavorando a progetti importanti ed entusiasmanti.  Questa solida formazione mi ha portato a disegnare cose mie“.

Come definiresti il tuo stile e qual è l’obiettivo della tua progettazione?

Hai mai ascoltato la canzone “Gong-oh” di Paolo Conte? Parla della musica, del ritmo, di istinto. Questo “essere” si impossessa di lui nella notte e insieme danno spettacolo. Nei batteristi è importate il groove, l’intensità. Per me il design è questa cosa qui. Cerco di dare ritmo e carattere ad ogni progetto, mescolando tecnica, disegno e materiali.

Vorrei che i miei oggetti fossero “diretti” come la musica, e che arrivassero subito senza troppi giri di parole. Può succedere grazie  all’utilizzo di un materiale naturale come la terracotta, per una nuova forma o per un’intuizione funzionale. L’obiettivo è che quando sono utilizzati e posti nei contesti più diversi, accanto ad altri oggetti, “suonino” bene“.

Anche se vivi a Milano sei nato a Paestum. Il tuo luogo di origine pare ispirare molto i tuoi progetti. Mi riferisco a Spazio Paestum, il piccolo spazio espositivo e negozio a cui hai dato vita nella cittadina campana, ma anche all’utilizzo per i tuoi progetti di antiche tecniche di lavorazione artigianale del territorio. Puoi dirmi qualcosa a proposito dell’influenza di Paestum?

Paestum è bellissima. Il paese è abbracciato dal mare e dalle colline. L’architettura classica rurale è rigorosa e integrata con la natura. Il dorico ti trafigge. Come può non influenzarmi tutto questo? Inconsciamente entra in ogni progetto. Spazio Paestum è la sintesi tra una dimostrazione d’amore e la ricerca sulle mie origini. Ho provato, assieme ad altri amici colleghi, a riscoprire questo luogo con degli oggetti che lo raccontassero in un modo nuovo, ironico e leggero“.

Da un punto di vista generale quindi non solo nell’ambito del design, quali sono i valori che la cultura classica (mi riferisco a quella greco-latina) trasmette ad un giovane come te che lavora nell’era digitale?

Sono molto legato alla cultura greca più che alla latina.  Per esempio preferisco la parola Poseidonia a Paestum. Amo i miti greci perché non sono delle favolette bensì dei racconti permeati di conoscenza. I greci, non avendo una verità rivelata (come nel Cristianesimo), hanno avuto un atteggiamento di ricerca e osservazione della natura che nasceva dal bisogno di apprendere e di conoscere. Particavano la medicina, la filosofia, l’ architettura. Non a caso tutte le arti sono nate in Grecia. Questo grande insegnamento credo sia di fondamentale importanza in questo momento“.

Secondo alcuni analisti negli ultimi tempi il design, perdendo il suo spirito originario, si sta trasformando in pura esteriorità e la comunicazione sta prendendo il posto della filosofia del progetto. Tu cosa ne pensi?

Non credo. Se penso al mio lavoro e a quello dei miei colleghi e amici della scena milanese posso dirti che il progetto è ancora al primo posto. C’è un’attenzione e un controllo del progetto maniacale. Alcune volte penso che il design sia cambiato totalmente e che noi ci adattiamo ai tempi, facendo però il lavoro “come si faceva una volta”.  Poi diciamo che tutto è diventato tutto più “Trap”.  Nel senso che c’è una sovrabbondanza di immagini, che parlano dei progetti e li raccontano, divulgate in un flusso continuo attraverso i social network. Questo ha fatto perdere la dimensione di attesa e quindi di novità come la si intendeva qualche decennio fa“.

In un’epoca come la nostra, dominata dalla velocità e dalla filosofia dell’ “usa e getta”, come si possono progettare oggetti destinati a durare nel tempo?

Sono molto combattuto quando penso a questi temi e spesso provo un forte senso di colpa. Credo che progettare bene, con responsabilità e aggiungendo al progetto una parte umana ed emozionale, sia la chiave“.

Ci sono discipline creative che influenzano il tuo lavoro (musica, cinema, letteratura ecc.)?

Dopo tanti anni ho ricominciato a dipingere e questo, a differenza del design, mi rilassa molto. Infatti, se non vivo con tensione i progetti non esce mai niente di buono. Mi piace inoltre la filosofia, una materia che vorrei iniziare a studiare seriamente“.

Progetti per il futuro?

Una casa in collina dalla quale godermi tutto il golfo di Salerno e avere sempre il sole in faccia“.

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