I capolavori dell’arte di ieri e di oggi, al tempo delle pandemie
Attraverso gli occhi degli artisti, ecco cosa rimarrà del Covid-19.
L’arte ai tempi delle pandemie dall’antichità all’era moderna ha sempre dato il suo contributo. Spesso, proprio attraverso disegni, affreschi e quadri abbiamo potuto analizzare meglio e comprendere l’impatto, che queste emergenze hanno avuto sull’umanità.
Al Museo del Prado di Madrid, il dipinto dal titolo “Il Trionfo della morte”, del 1562, Pieter Bruegel ha raffigurato con olio su tavola, attraverso i temi iconografici medioevali l’epidemia come una danza macabra, con i cavalieri dell’Apocalisse e la contemporanea resurrezione dei defunti. A far da sfondo c’è un paesaggio brullo e devastato dalla malattia, che non conosce classe sociale.
Nel disegno del 1656, “L’abito del medico della peste”, oltre al palese travestimento accuratamente rappresentato, si scorge la descrizione di come i medici a Roma affrontavano le visite presso i loro pazienti.
Mentre, Arnold Böcklin, uno dei maggiori esponenti del simbolismo tedesco, nel 1898, dipinge “La peste”, raffigurandola attraverso la sapiente e abile stesura della tempera come la Cavalcata della Morte, su una creatura spaventosa somigliante a un pipistrello, che si aggira per le vie di una città medioevale.
Più recente è il quando “La famiglia”, del 1918, dove Egon Schiele, pittore e incisore austriaco, in quest’autoritratto insieme a sua moglie incinta mostrano i segni della febbre spagnola, cui furono vittime.
Keith Haring, nel 1989, prima di sapere di aver contratto l’Hiv, dipingeva Ignorance=Fear, riferendosi a tutta l’ignoranza e alla paura, che in quegli anni aleggiava tra la gente di contrarre l’Aids.
Anno 2020, ancora in corsa per qualche giorno, sarà ricordato nel grande libro della storia dell’arte come quello, dove la pandemia generata dal Covid-19, ha rastrellato senza guardare in faccia nessuno ancora una volta tante vittime.
Gli artisti di oggi non sono rimasti a guardare e mossi dalla loro sensibilità stanno producendo e lasciando opere su opere. Alcune di queste sono provocatorie e denunciano il malcontento per la gestione da parte delle alte sfere; altre sono solo il segno che rimarrà di questo brutto momento.

Sono giorni di festa, il clima natalizio dovrebbe rendere questo periodo gioioso e sereno, ma purtroppo non è così.
Napoli, circa un mese fa, al risveglio, ha trovato la statua installata nel cuore della notte dal valore commerciale di un milione di euro dell’artista Jago, al secolo Jacopo Cardillo.
Il 33enne, di Frosinone giovane scultore di talento ha voluto dare un contributo e lasciare un segno attraverso questo bambino rannicchiato su se stesso con gli occhi chiusi e stanchi attaccato a una catena, che lo tiene inchiodato a terra, come un prigioniero lasciato alla sua condizione di fragilità senza certezze.
Ecco, Cardillo ha rappresentato così l’immagine della crisi economica piegata da questo virus, che sta mettendo in ginocchio la società e milioni di famiglie. L’opera dal titolo Homeless rappresenta l’inquietudine del “Look down”, invece del Lockdown.
L’artista ha spiegato perché ha lasciato l’opera, di un simile valore, in piazza: “Il significato della mia opera? Andatelo a chiedere a tutti quelli che, in questo momento, sono lasciati incatenati nella loro condizione. “Look down” è l’invito a guardare in basso, ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili”.
Non solo Jago, tutti gli artisti stanno rappresentando, raccontando armati di sensibilità e tecniche esecutive la loro visione dell’epidemia.
Ci spostiamo a Miami, nel campo della StreetArt, Sean Yoro ha scelto di raffigurare su un murales il batterio del Covid-19 come una palla da demolizione. A Los Angeles, Hijack Art ha rappresentato due soldati, che cercano di ripararsi dal virus come se stessero in trincea.
Salvatore Bernintende, alias TVBoy, ha ben impresso sui muri di Milano “L’amore ai tempi del Covid-19”, traendo liberamente spunto dal “Bacio”di Hayez, dove due fidanzati si scambiano un bacio indossando una mascherina e tenendo in mano l’amuchina.
Altro suo pezzo di forte impatto, è la rivisitazione del manifesto disegnato da James Montgomery Flagg, nel 1916, dove lo Zio Sam invitava i giovani a unirsi all’esercito, ribattezzato: “Divided We Stand, United We Fall”.
Riccardo Pirrone ha rivisto alcune opere iconiche in chiave Coronavirus, come “Urlo” di Edward Munch, o, una “Bevitrice d’assenzio” di Edgar Degas.
Milo Manara ha condiviso su Facebook un’illustrazione, che raffigura un operatrice sanitaria in piedi di fronte a un gigantesco virus.
Nico Mingozzi, in un post su Instagram, ha lasciato una sua opera dal titolo “La fame al tempo del Covid-19”.
Grazie al tam tam sui social, Gianluca Costantini, noto fumettista di Ravenna, rappresenta medici stanchi, file di bare, pazienti in attesa o sdraiati sulle barelle.
Gianbattista Vico sosteneva che la storia è un ciclo di corsi e ricorsi, fatti, personaggi che si susseguono ciclicamente e quelli spiacevoli nel ripetersi lasciano segni indelebili, ecco l’arte ha la sensibilità di tramandarci quello che accade.
In particolare, l’occhio dell’artista dà all’opera un taglio e una dimensione che nel tempo trasmetterà ai postumi l’evocazione del ricordo. Quindi, il compito di raffigurare seppur con tecniche diverse: è arduo, trasmettere per immagini e simboli quello che sta accadendo, è l’eredità delle generazioni di domani.
I nuovi soggetti di oggi non sono mostri bifronti e creature immaginate dall’Apocalisse, sono operatori sanitari, il virus stilizzato, le mascherine, i disinfettanti; soprattutto siamo noi che in questo momento lottiamo con il Coronavirus, che si aggira indisturbato e ogni artista immagina e rappresenta nelle forme della contemporaneità.