Angela Formaggia, salvare l’eccellenza sartoriale italiana

L’amore per l’approfondimento creativo, l’accuratezza nel confezionare ogni dettaglio, e quel senso autentico della moda artigianale che ha reso grande l’Italia nel mondo, costituiscono il cuore pulsante di Angela Formaggia, fondatrice e guida della sartoria che porta il suo nome, nel pieno centro di Milano. Da decenni, Angela realizza abiti su misura per figure di rilievo internazionale, crea collezioni personalizzate e veste celebrità mondiali con capi unici e inconfondibili.

Oggi solleva l’allarme per un Made in Italy sempre più in pericolo, che rischia di scomparire per la carenza di attenzione verso la creatività manuale e il sapere tecnico. Con determinazione, Angela Formaggia continua a formare i giovani e a trasmettere questo mestiere anche attraverso attività di volontariato, parte integrante della sua vita tra case accoglienti e palcoscenici ricchi di emozione.

Dagli anni di formazione con Germana Maruccelli all’autonomia imprenditoriale

Con la stessa energia che aveva all’inizio, Angela incarna uno dei capitoli più autentici dell’eleganza italiana, rappresentando valori come la precisione artigiana, l’impegno costante e l’eccellenza dei dettagli. Dopo aver frequentato l’istituto di moda Marangoni a Milano, dove in seguito ha anche insegnato, ha scelto giovanissima di seguire la sua vera vocazione, iniziando a lavorare nella storica maison di Germana Maruccelli.

Angela Formaggia racconta: “A soli ventitré anni ho assunto la responsabilità di un laboratorio con trentacinque lavoranti, ho trascorso infinite notti sui divani della signora Maruccelli. Lei era piena di idee e spesso ci proponeva di ricominciare tutto da capo anche a tarda sera. Quelli sono stati gli anni più formativi e stimolanti della mia vita. Ho fatto sacrifici, ma ho imparato davvero il mestiere. Ho viaggiato molto: dalla Piazza Rossa a New York, ho toccato con mano il mondo della moda autentica. Andavo a Parigi per cercare passamanerie uniche, era un universo completamente diverso”.

Dopo la chiusura della maison nel 1972, Angela Formaggia ha continuato con autonomia e forza, mantenendo i rapporti con le clienti storiche, costruendo una famiglia e crescendo due figli. Nel 1984 ha inaugurato un primo laboratorio in viale Jan, dove lavoravano in ventitré. Nonostante le difficoltà provocate dalla Guerra del Golfo, ha retto grazie a una rete di clientela estera in Stati Uniti, Paesi Arabi e Inghilterra. Alcune delle più importanti case di moda hanno richiesto la sua collaborazione, apprezzandone il rigore e la meticolosità sia nella costruzione dei capi che nel fitting. Nel 1991 la sartoria Angela Formaggia si è trasferita in viale Majino, segnando un vero salto di qualità nel suo cammino professionale.

Il rischio concreto di perdere il sapere manuale italiano

Sfilata sartoria Angela Formaggia
Sfilata sartoria Angela Formaggia PH Press

Secondo Angela Formaggia, l’Italia sta attraversando un momento critico, rischiando di perdere per sempre la propria tradizione manifatturiera. Il settore moda vive un forte squilibrio: molte figure artigianali sono scomparse e i giovani non ricevono un’educazione pratica adeguata. “Non troviamo più ricamatrici, per fare un esempio. I ragazzi si concentrano sull’apparenza, vogliono diventare stilisti prima ancora di sapere come tenere in mano un ago. In molti casi dietro l’immagine si nasconde il vuoto. Abbiamo smarrito due generazioni di artigiani. La società ha inculcato l’idea che tutto si ottiene con una matita, ma non funziona così: serve la cultura del lavoro e tanta pratica. Chi non si china a lavorare davvero, con costanza, non costruisce nulla”, afferma con convinzione Angela.

Insegnare la moda concreta dentro il laboratorio

Nel laboratorio di Angela Formaggia, i giovani imparano ogni fase della sartoria vera: dal cartamodello realizzato a mano, al taglio, alla cucitura. “Le scuole moderne privilegiano un approccio industriale, trascurando la possibilità di adattare i modelli alla singola fisicità, che rappresenta l’anima della vera sartoria”, spiega Angela.

I suoi due attuali stagisti confermano quanto questa esperienza formativa li abbia trasformati. Il primo, diciottenne e studente di una scuola professionale di Milano, racconta: “In classe siamo tanti e facciamo poca pratica. Alcuni frequentano senza convinzione. Qui invece ho trovato una mentore vera, un esempio concreto. Nella moda, se vuoi essere stilista, devi sapere come nasce un abito”.

La seconda stagista arriva dal Trentino, da un centro di formazione avanzata. “Il nostro percorso è impostato su un taglio industriale, ma ho ricevuto molto supporto e ho compreso a fondo il valore dell’artigianalità. Il lavoro reale, però, è tutt’altra cosa. Qui bisogna sbagliare, correggersi e affrontare la fatica. Solo così cresci”, spiega.

Il valore del volontariato e l’arte del fare con le mani

Oltre alla sua carriera nel settore della moda, Angela Formaggia offre il proprio talento anche in ambito sociale. Collabora con l’Associazione Alberio, una realtà del terzo settore che accoglie giovani donne e mamme in comunità educative, costruendo con loro percorsi formativi e professionali. All’interno del progetto I.Sa Intrecci di Saperi, finanziato dalla Fondazione Deloitte, Angela insegna competenze sartoriali per favorire l’indipendenza economica delle partecipanti.

“Ormai nessuno sa più cucire un bottone o cambiare una lampo, ma sono abilità fondamentali”, ribadisce Angela Formaggia. L’anno scorso, le ragazze hanno realizzato camicie e gonne. Quest’anno hanno espresso il desiderio di confezionare vestitini per i loro bambini, un sogno che stanno realizzando con entusiasmo.

Infine, Angela contribuisce anche alla Cooperativa Il Granello, nella provincia di Varese, dove si occupa della realizzazione dei costumi per spettacoli teatrali con persone con disabilità. “In questa struttura lavorano circa trecento ragazzi, impegnati in tanti laboratori, dall’oreficeria all’orticoltura. Nel nostro gruppo di teatro, circa cento ragazzi disabili portano in scena uno spettacolo che gira per l’Italia. Io sono la loro costumista, con immenso orgoglio”.

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