Cucina sostenibile, verso un futuro più green
La cucina sostenibile è un modo inedito e alternativo di ripensare la nostra tavola.
Dopo circa due lustri, da quando è entrato nel nostro dizionario, il termine “sostenibile” reclama ora un’attenzione tutta sua. A detta dei media, sostenibilità è la parola del futuro in svariati settori: nel turismo, nell’arte, nella moda e (ovviamente) in cucina. Ma cosa vuol dire “cucinare in modo sostenibile” e, soprattutto, “chi è l’interprete di questa sempre più trendy novità”?
Scelte consapevoli, responsabili, tracciate e misurate per non sprecare cibo nella filiera della ristorazione, sono le ricette della “new sustainable art of cooking”, la gastronomia sostenibile.
Sostenibile è chi comprende le conseguenze che possono derivare dalle scelte compiute, come queste si interfacciano con la sfera economica, come impattano sull’ambiente e quali sono le condizioni sociali dei soggetti coinvolti nella filiera.
Così lo chef diventa “sostenibile” e si fa portavoce del verbo “green”. Lo chef sostenibile cucina in modo innovativo coniugando scoperte scientifiche, minore consumo di risorse naturali e maggiori benefici per salute, ambiente e portafoglio. Lo chef è responsabile verso il territorio e predilige prodotti che rientrano nel raggio d’azione del chilometro zero, o meglio, del “metro zero” (quelli seminati, coltivati e raccolti nel suo orto). Lo chef sostenibile può essere “green”, ossia attento all’ambiente nell’emissione di CO2 e nell’uso dell’acqua.
È inevitabile, usare il fuoco o un’altra fonte di calore in cucina provoca emissioni di CO2 nell’atmosfera. C’è una tecnica per far sì che l’impronta di carbonio sull’ambiente sia più leggera: utilizzare una particolare pentola, il wok. La forma a tronco di cono favorisce la diffusione uniforme del calore, un’idea furba e intelligente che ottimizza i tempi di cottura.
Mutuato dalla cucina cinese, il wok è utilizzato anche in altre culture gastronomiche, per esempio quella giapponese.
Una cucina che non conosce confini, e che combina perfettamente ingredienti italiani e tecnica giapponese, precisa e affilata come la lama di un samurai. Ecco il mantra di Wicky Priyan, chef classe 1977, che nel suo ristorante Wicky’s Wicuisine nella bella Milano, seduce il palato dei suoi clienti con piatti di grande maestria, esteticamente entusiasmanti e ad impatto zero.
“Non sento una precisa appartenenza, sono figlio del mondo”, confida lo chef nato in Sri Lanka, ma cresciuto in Giappone e approdato in Italia 26 anni fa con un sogno: aprire a Milano il miglior ristorante d’Europa. La sua era una sfida ardita: da non giapponese fare la miglior cucina giapponese e il miglior sushi in circolazione. “Durante i miei 30 anni in Giappone, molti dei quali dal maestro Kan, ho appreso la cultura giapponese fondata sul rispetto, la disciplina, l’onestà e la cura dei dettagli” confida lo chef. Nel suo locale milanese incontra persone provenienti da ogni parte del globo. “Molti miei clienti sono giapponesi e mi dicono di sentire Kyoto nella mia cucina”. E non hanno tutti i torti, la fonte d’ispirazione di Wicky Priyan è la kaiseki, una cucina molto spirituale, concepita come un tempio, un viaggio di degustazione personale.
Recentemente, il noto chef del Sol Levante è approdato in Campania, precisamente ad Avellino ospite di Giuseppe Maglione, pizzachef e pionere della “nouvelle vague” dell’arte della pizza Gourmet.
Due stili inconfondibili accomunati da sensibilità, curiosità di esplorare zone e sapori nuovi, sempre alla ricerca di armonia, spettacolarità e gusto.
“Cucinare sostenibile è una filosofia di vita”, secondo Wicky Priyan, “avere consapevolezza dello spreco, utilizzare ciò che viene scartato di un prodotto, che è ancora buono, in un altro piatto”. Dello stesso parere Giuseppe Maglione, “cucinare green per me significa narrare un concetto: la miglior scelta dal punto di vista ambientale risulta essere anche salutare, appetibile e conveniente”.
E allora il futuro sembra essere “davvero green” grazie a chef e pizza chef che offrono un modo inedito e alternativo di ripensare le nostre tavole.